In Libano, nel mezzo di una crisi che sembra non avere sbocchi, preso nella morsa di due irriducibile – la milizia sciita di Hezbollah da un lato e le forze di difesa israeliane (IDF) di Benjamin Netanyahu dall’altra – c’è chi immagina un futuro pacifico e prosperoso. Sogni? …
Eraldo Rollando
10-11-2024
In Israele non sono pochi coloro che pensano che la soluzione dei mali, che da tre quarti di secolo affliggono ogni aspetto della vita di quel paese, passi attraverso il completo annientamento di Hamas nella Striscia di Gaza e di Hezbollah nel Libano meridionale.
I civili, per la maggior parte incolpevoli, che cadono sotto bombe o davanti a un fucile vengono definiti “effetti collaterali”, come gli ormai più di 42mila uccisi e i 90mila feriti nella Striscia. Ma il Paese con la stella di Davide continua la sua tragica strada inoltrandosi, questa volta, in un’area che in un passato ormai lontano da noi veniva definita “la Svizzera d’oriente”(1943-1967).
La prospettiva che attende il Libano, nella lunga intervista del 30 settembre 2024 di Angela Mauro al generale Yaakov Amidror, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Netanyahu, pubblicata su HuffintongPost.it, si riassume in queste parole dello stesso Amidror: “Se americani e francesi falliscono negli sforzi diplomatici, Israele dovrà invadere con le truppe di terra”. (HuffingtonPost – 30 settembre 2024). Ma, nel momento in cui viene redatta questa nota, l’IDF è già entrato nella parte meridionale del Paese con le sue Forze di Difesa.
Sono comprensibili e condivisibili le aspirazioni degli israeliani a volersi sottrarre ad una costante minaccia, ma i 75 anni trascorsi dal 15 maggio 1948, quando Ben Gurion proclamò la nascita dello Stato di Israele, hanno dimostrato chiaramente che la guerra non è la soluzione migliore al far sì che quella minaccia venga a cessare … Infatti la guerra prosegue la sua corsa, con l’aggravante di un utilizzo indiscriminato di strumenti bellici sempre più distruttivi.
Ci sono persone in Libano (forse sognatori?) che hanno una visione diversa, un’idea di pace – ottimistica e forse utopica – di come potrebbe essere il futuro del “Paese dei cedri”, nella speranza che nel frattempo i libanesi – che, va detto, subiscono la presenza di Hezbollah (1) – non siano sottoposti alla stessa tragica sorte degli abitanti della Striscia di Gaza.
E’ il Comitato editoriale del giornale libanese on-line Ya Libnan (Il Libano) che, analizzando le dinamiche presenti e in divenire all’interno della società sciita di quello Stato, prospetta per il futuro una visione stimolante che tenderebbe a riportare Beirut a riprendere possesso della propria identità nazionale, allontanando il Paese da ogni influenza straniera, in primis quella dell’Iran su Hezbollah.
Il Comitato nella sua analisi parte dall’assunto, condiviso anche da altri analisti indipendenti (2), che “l’Iran sembra aver abbandonato Hezbollah ben prima che il suo leader Sayed Hassan Nasrallah venisse assassinato” il 27 settembre 2024 per mano israeliana, ciò a causa della debolezza politica di Teheran in ambito internazionale, nonostante la guerra che sta attanagliando il “Paese dei cedri” sembri dimostrare il sostegno incondizionato dell’Iran a Hezbollah.
Troviamo conferma della debolezza geopolitica di Teheran anche nell’intervista che Tiziano Marino, analista Asia e Pacifico del Cesi (Centro studi Internazionali) ha rilasciato a Maria Scopece e pubblicata sul giornale on-line START Magazine con il titolo: Vi spiego perché l’Iran è debole e isolato.
La vita politica e sociale libanese dal 1982, data di nascita di Hezbollah, è fortemente condizionata da questo partito politico – peraltro presente nella gerarchia di governo – la cui formazione paramilitare estremamente potente è da tempo foraggiata dalla gerarchia persiana con armi e finanziamenti.
Perdendo il “puntello” iraniano, il partito si troverebbe in difficoltà a sostenere di combattere per la liberazione della Palestina, dato che il suo contributo a questa causa non pare avere portato risultati apprezzabili.
L’idea avanzata dai giornalisti di Ya Libnan condurrebbe a integrare la formazione paramilitare con l’esercito regolare libanese. Questa soluzione, secondo il Comitato di redazione editoriale permetterebbe a “Hezbollah di preservare la sua eredità senza ammettere la sconfitta, contribuendo al contempo all’unità nazionale e rafforzando le capacità di difesa del paese. Una mossa del genere potrebbe proteggere meglio i confini del Libano, stabilire la legge e l’ordine e ridurre il rischio di divisioni interne”.
Un altro punto proposto da Ya Libnan è quello di considerare il superamento del settarismo politico, che ha da tempo consolidato le divisioni all’interno del Paese, mettendo in atto una distribuzione più equa del potere politico e l’eventuale abolizione delle quote settarie nel governo. Una soluzione che “aiuterebbe anche il Libano a ottenere una maggiore indipendenza politica, allontanandolo dalle influenze esterne che hanno spesso esacerbato i suoi conflitti interni”.
L’abbandono delle alleanze settarie, che oggi sembrano preoccuparsi solamente di perpetuare la propria presenza ai vertici dello Stato, dovrebbe essere una questione primaria. “La comunità sciita potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nello sbloccare la situazione e aiutare il Paese ad andare avanti … Se sono disposti ad allontanarsi dalla politica intransigente, ciò potrebbe favorire le condizioni necessarie per un approccio più unificato alla risoluzione delle crisi del Libano, in particolare l’annosa questione dell’elezione di un presidente”.
Come si diceva, visione utopica? E’ possibile che lo sia, ma non sarebbe la prima volta che dei sognatori riescono a rendere possibile ciò che ai più sembrava impossibile, pur in presenza di una situazione che potrebbe avviarsi alla catastrofe.
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Note:
Foto d’apertura da cesi-italia.org (Centro Studi Internazionali
- Come e dove nasce Hezbollah
- In un’intervista rilasciata ad Avvenire il 2 ottobre 2024, Renzo Guolo, docente di sociologia dell’islam all’università di Padova, conferma la debolezza interna dell’Iran “… il regime deve passare questa “piena burrascosa” e tentare di salvaguardarsi. Tutto questo, a mio avviso, accelererà la crisi interna, ma non è detto che questo significhi di per sé la sua caduta. Una situazione che potrebbe aprire a una soluzione militare con i pasdaran che potrebbero pensare di gestire direttamente il Paese …”
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