Giulia Uberti
24-03-2025
Il nostro continente sta vivendo un inverno demografico e l’Italia è uno dei Paesi più colpiti. Infatti, i minori di 15 anni sono il 40% mentre in Italia gli under 15 rappresentano il 13,3% della popolazione e la media europea è di poco superiore. Invece sull’altra sponda del Mediterraneo, l’Africa è in crescita. Attualmente la popolazione africana totale è stimata pari a 1.473.098.459 [13 novembre 2023], numero non molto diverso da quelli della Cina (1.425.671.352) e dell’India (1.433.447.986). Circa il 70% ha meno di 35 anni, il 60% meno di 25 anni e l’età media in Africa è di 19 anni. Su una popolazione di poco meno di un miliardo e mezzo, contro i 450 milioni di abitanti dell’Europa, e i minori di 15 anni sono il 40%. L’attuale generazione africana è la più giovane che la storia abbia mai conosciuto. Tenendo conto del tasso di fertilità del continente, si prevede che nel 2030 oltre il 40% della popolazione giovanile mondiale sarà africano ed entro il 2050 l’Africa rappresenterà più del 25% della popolazione globale, con un incremento di fino a 2,1 miliardi e un’età media inferiore ai 25 anni.
Oggi la maggior parte degli africani vive nelle città, è quindi necessario che l’Occidente modifichi l’immagine di un continente fatto di villaggi e di etnie legate alle tradizioni. L’Africa di oggi è fatta di città sovrappopolate come Lagos (16 milioni di abitanti), Luanda (9 milioni), Dar ES Salam (8 milioni), Abidjan (6 milioni).
Tra gli abitanti di queste caotiche città, contornate da bidonville, la maggioranza è costituita da giovani che si relazionano più facilmente con i loro coetanei piuttosto che con le generazioni precedenti. Sono generazioni “globali” collegate attraverso i social con e come i loro coetanei occidentali e si sentono parte del mondo.
Anche se lentamente il tasso di scolarizzazione aumenta in Africa e lo sguardo dei giovani si amplia, questo fa crescere in molti di loro la sensazione di vivere in Paesi che non offrono molte possibilità. Il 42% dei giovani africani tra i 15 e i 24 anni vuole emigrare. Questo è un dato che dovrebbe preoccupare i leader di quei Paesi, che si vedono sfuggire la meglio gioventù, quella che potrebbe assicurare un futuro migliore.
L’Europa da parte sua, affrontando l’invecchiamento della popolazione ha adattato, in coerenza alla situazione, i suoi programmi di formazione. Molte istituzioni scolastiche africane copiano i programmi offerti in Europa, mentre la situazione in Africa è esattamente l’opposto vista l’attuale composizione della sua popolazione. L’Africa ha bisogno di abbracciare, e recuperare, le sue conoscenze autoctone evitando la dipendenza dalle definizioni di conoscenza basate su mentalità colonialiste. I programmi di studio dell’istruzione superiore in Africa tendono a seguire la l’impostazione europea o americana, spesso senza valorizzare conoscenze e prospettive legate alla realtà locale.
Il punto fondamentale, però, è che per alcune scelte politiche, molti Paesi africani non dispongono o non impegnano le risorse necessarie per facilitare la scienza di base e/o la ricerca applicata. I lavori più innovativi sull’Africa sono spesso condotti da non africani. Infatti, tranne uno o due, i Paesi africani non hanno agenzie di finanziamento della ricerca. Per questo motivo, gli studiosi si affidano interamente a collaborazioni con colleghi stranieri per il finanziamento della ricerca. Le ricerche sullo sviluppo, spesso finanziate da agenzie multilaterali, sono estremamente mirate e non sempre rispondono alle esigenze del Paese di destinazione. Anche nei casi migliori, l’obiettivo è così ristretto da limitare il suo valore per lo sviluppo della scienza. Lo stesso si può dire della ricerca finanziata dall’industria, anch’essa orientata ad accrescere il valore degli azionisti più che all’interesse scientifico o alla pubblica utilità. Il risultato di questa situazione è la limitata competenza dei ricercatori africani. Spesso quando si parla di collaborazione, soprattutto in ambito universitario, si pensa agli scambi di studenti e docenti. Gli scambi culturali e i partenariati tradizionali sono un’ottima occasione per fare esperienze utili e interessanti ma l’epoca attuale richiede molto di più. Senza considerare e perseguire nuove forme di collaborazione reciprocamente vantaggiose, l’immigrazione clandestina verso l’Europa continuerà, poiché i giovani cercheranno pascoli più verdi in luoghi in cui ritengono di poter avere un impiego maggiormente remunerativo. L’impatto di questo scenario può essere disastroso.
La trasformazione dell’Africa può avvenire attraverso collaborazioni e partnership con le istituzioni competenti del continente, con l’obiettivo di difendere il futuro dell’Africa: investire nei giovani è l’unico modo per trarre da loro dei frutti positivi per il Paese e per quel Continente. Il successo dipenderà in parte da partenariati strategici multiformi in diverse sfere dell’attività umana tra l’Africa e le varie parti interessate, compresa l’Europa. La questione, al contrario, non sembra toccare la maggior parte delle autorità locali, impegnate più a fare profitti che a pianificare il domani dei giovani.
Anche i politici europei dovrebbero riflettere, mentre sembrano molto più impegnati a tentare di bloccare con ogni mezzo quei flussi, spesso con azioni anche repressive, senza tener conto del fattore umano, e più per fini politici che non pratici. Infatti paradossalmente avremmo bisogno che molte persone raggiungessero l’Europa. Per mantenere il numero di abitanti attuali nel nostro continente servirebbero almeno 50 milioni di migranti e ce ne vorrebbero 80 per stabilizzare la popolazione attiva.
Un continente in crescita, non solo demografica, chiede rispetto in cambio di nuove opportunità per la sua popolazione e anche per l’Europa, che dovrà adottare nuovi modelli di cooperazione e partnership.
L’Africa è un continente con un grande potenziale, ma anche con una grande complessità. Dopo trent’anni di crescita in Asia e di sviluppo della globalizzazione, l’Africa è senza dubbio la nuova frontiera della crescita. Con il suo destino geografico legato all’Africa, l’Europa dovrebbe rimettere in discussione i suoi modelli analitici. Se il mondo sta cambiando rapidamente, l’Africa si sta trasformando, per certi aspetti, ad alta velocità. La posta in gioco è comprendere la diversità, le opportunità e i vincoli dell’Africa per definire un nuovo sistema di relazioni. Non si tratta solo di sviluppare relazioni con i 54 Stati africani. I Paesi europei dovranno costruire nuove relazioni bilaterali o multilaterali con gruppi di Paesi africani, diversificati in base ai loro progetti e alla natura delle rispettive alleanze.
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