L’africa cambia passo – Parte prima

Giulia Uberti
12-04-2025
Il 26 febbraio di 140 anni fa si tenne la storica Conferenza di Berlino durante la quale 14 nazioni europee decisero la spartizione del continente (1) “Africa coloniale”. Un processo che non tenne assolutamente conto delle popolazioni locali e favorì l’unione forzata di gruppi etnici storicamente in conflitto. L’obiettivo dichiarato, secondo i documenti dell’epoca, era quello “civilizzare e sviluppare” l’Africa  (clicca). Devastanti furono allora le conseguenze di quelle decisioni per il continente africano e tutt’ora se ne risentono gli strascichi.
Oggi davanti a noi troviamo un’Africa composta da 54 Paesi ed assistiamo ad un cambio di passo con ritmi e modalità molto specifiche e diverse. Fra partiti che perdono il potere dopo decenni e giovani che scendono in piazza con una forza e una coesione con pochi precedenti, il 2024 in particolare ha segnato alcune svolte in Africa. O quantomeno, ha innescato dei processi che andranno monitorati con attenzione. Il 2024 è stato l’anno dalle molteplici elezioni: 13 Paesi alle urne. Qui di seguito alcuni esempi.
Le elezioni generali in Sudafrica, al bivio tra crisi politica e speranza di rinnovamento, si sono tenute il 29 maggio del 2024 per il rinnovo dell’Assemblea nazionale e hanno segnato un momento cruciale nella storia politica del Paese. L’African National Congress (ANC), al potere dal 1994, ha subito una significativa perdita di consensi, ottenendo il 45% dei voti, il più basso nella sua storia. Le scelte politiche e strategiche che il Paese farà nei prossimi anni avranno un impatto non solo sul proprio sviluppo, ma anche sul ruolo che il Sudafrica giocherà nella scena globale. “… per migliorare le condizioni di vita, i sudafricani devono mettere da parte l’ideologia e le altre divisioni” dice Jakkie Cilliers, capo del South Africa Futures and Innovation di Pretoria. “Un paese diviso cresce lentamente”.
La faglia aperta in Sudafrica, si è già propagata oltre confine. Voto shock del 29-30 ottobre 2024 in Botswana dove crolla il partito al potere da quasi 60 anni eleggendo il nuovo presidente Duma Boko: avvocato costituzionalista e specialista nei diritti umani, è il primo capo di Stato a non appartenere al Botswana Democratic Party (BDP) dall’indipendenza del 1966. Le rendite dei diamanti non bastano più. La democrazia era percepita come a rischio. Il nuovo leader sembra voler segnare un cambio di passo, a partire dalla gestione della questione migratoria. Quello che è successo oggi porta la nostra democrazia a un livello superiore, dichiarava Duma Boko. Significa che abbiamo assistito a una transizione democratica pacifica e ordinata. È così che si comportano gli adulti responsabili in una democrazia, anche se è la prima volta che il potere passa di mano in 58 anni.
Molte le manifestazioni in Mozambico dove il Frelimo (Fronte di Liberazione del Mozambico = in portoghese Frente de Libertação de Moçambique, fa di tutto per non crollare. I risultati delle elezioni dello scorso 9 ottobre 2024 mostrano il mantenimento della situazione nonostante le accuse di brogli e mesi di proteste. Daniel Chapo, presidente eletto del Mozambico, ha fatto appello alla “non violenza” e alla “unità” nel Paese, travolto da devastanti rivolte urbane, assicurando in un comunicato che dopo il suo insediamento a metà gennaio sarà “il presidente di tutti”. Il futuro del Mozambico appare fosco, anche se in strada si vede una mobilitazione dalla grande forza che è già sfociata in forme di auto organizzazione mai viste nella storia recente del paese.
Del resto, quest’anno le piazze delle città africane sono state protagoniste della vita politica in diversi Stati. Su tutte va segnalata la mobilitazione in Kenya che fra giugno e luglio ha fatto tremare i polsi al governo del presidente William Ruto. Nata per protestare contro una legge fiscale, si è tramutata presto in un fiume in piena. Gli è stata opposta una repressione capillare e preoccupante, ma le manifestazioni della GenZ sono riuscite a far cadere un governo e a far cancellare il provvedimento contestato. Dopo le ingenti proteste dell’anno scorso, che hanno visto protagonisti i giovani scendere in piazza contro il governo, oggi i politici del Kenya, in vista delle elezioni del 2027, stanno cercando di ammaliare e attrarre i voti di chi, fino a ieri, li contestava.
Germogli visibili di cambiamento in atto si possono leggere anche a partire dal virtuoso caso del Senegal, seguito da altri Paesi come Mali, Burkina e Niger prevale: il rifiuto di ingerenze occidentali nella rinnovata politica interna verso i flussi migratori di rientro. Il continente è sulla via del riscatto? Come reagisce/reagirà il mondo occidentale? Diceva Plinio il Vecchio nelle sue innumerevoli citazioni nella storia recente di questo continente: “Dall’Africa c’è sempre qualcosa di nuovo”. Mai come oggi queste parole appaiono attuali: la giovane Africa è in cerca di riscatto, di affermazione di una identità propria, di un’emancipazione definitiva dall’occidente. La percezione americana dell’Africa come “ zona problematica” non rende giustizia alle diversità regionali che caratterizzano il continente nelle sue disparate e complesse dinamiche che stanno accompagnando una transizione. L’inarrestabile onda demografica presenterà al mondo nei prossimi anni una realtà con una rilevanza nuova anche nelle vicende globali. I primi segni molto chiari sono arrivati con i colpi di stato in Mali, (18 agosto 2020) Burkina Faso (30 settembre 2022) e Niger (il 26 luglio 2023) e il loro presupposto è: l’Occidente non è ospite gradito. L’insofferenza maggiore sembra essere quella della politica coloniale francese, la cosiddetta Françafrique, politica il cui obiettivo era di difendere gli interessi francesi sul piano strategico ed economico con relativo sfruttamento delle risorse naturali (petrolio, uranio, ecc.) da parte delle multinazionali francesi. Puntando di conseguenza ad un rapporto intenso fra metropoli e territori coloniali, ad un accanimento nell’imposizione di lingua, cultura, mentalità, programmi scolastici, concetti e strutture sociali che mal si accompagnavano alla singolarità africana.

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Di prossima pubblicazione: L’africa  cambia  passo – Parte seconda.   Un caso esemplare: il Senegal 
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Note
(1) Erano 14 le nazioni europee riunite a Berlino: Germania, Regno Unito, Francia, Belgio, Portogallo, Spagna, Italia, Paesi Bassi, Impero Ottomano, Austria-Ungheria, Danimarca, Svezia-Norvegia, Russia e Stati Uniti.
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