Patrick Lumumba il prezzo dell’indipendenza – parte terza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lumumba fu il primo a criticare il regime dei colonizzatori. Gli storici sono portati a pensare che quel giorno, con quelle parole, egli si autocondannò a morte.

Giulia Uberti
20-01-2023

Eventi che portarono all’assassinio

I belgi rimasero interdetti e con loro tutti gli europei, perché fino a quel giorno nessun africano aveva mai osato denunciare l’operato del colonialismo. Per questo Patrice Lumumba divenne un simbolo prima ancora di diventare uno statista, ruolo che non fece in tempo a perfezionare;  fu  il primo e unico leader democraticamente eletto. Egli divenne un simbolo della lotta per la libertà, e diede il via alla ribellione dei popoli schiavizzati dai bianchi.  A seguito di tali pronunciamenti  il Belgio iniziò  a sostenere la secessione del Katanga (la regione più ricca di miniere), fatto che mise subito Lumumba in conflitto col presidente: solo sei mesi  dopo l’indipendenza (avvenuta in 30 giugno del 1960), il generale golpista Mobutu lo fece arrestare. In gennaio fu trasferito con due fedelissimi in Katanga dove  fu torturato e massacrato.
Ad assassinare  Lumumba furono i belgi. Il governo di Bruxelles tacque, ma  furono mani belghe a compiere lo scempio.

Difficoltà a fare luce sui fatti
Quattro decenni dopo, dinanzi alla commissione parlamentare belga incaricata di fare luce sull’assassinio, queste furono le parole del commissario di polizia Gerard Soete e dei suoi sottoposti. Infatti egli stesso ammise «Avevamo fucilato Lumumba nel pomeriggio. Poi tornai nella notte con un altro soldato, perché le mani dei cadaveri spuntavano ancora dal terriccio. Prendemmo l’acido che si usa per le batterie delle automobili, dissotterrammo i corpi, li facemmo a pezzi con l’accetta; poi li sciogliemmo in un barile, facendo tutto di fretta, perché non ci vedesse nessuno».

Nelle intenzioni degli assassini non dovevano restare tracce di Lumumba. Ma ne restarono. Due dita e due denti, che Soete conservò — lo disse lui stesso in un documentario del 1999 — come «una specie di trofeo di caccia». Solo in seguito se ne era sbarazzato, conservandone soltanto uno: un dente d’oro.
Soete morì nel 2000 e del dente si riparlò solo nel 2016, quando Juliana, la figlia di Lumumba, che all’epoca dell’assassinio aveva cinque anni, ne ricordò l’esistenza durante un’intervista.
Fu necessaria  una battaglia legale di quattro anni perché un tribunale ne disponesse la restituzione alla famiglia.
La commissione parlamentare, dopo due anni di lavoro, scrisse che all’epoca del massacro «le norme del pensiero internazionale politicamente corretto erano diverse».
In relazione alla matrice dell’assassinio, la commissione concluse che alcuni membri del governo belga erano «moralmente responsabili delle circostanze che portarono alla morte di Lumumba».

Ritorno in Patria dei resti di Lumumba
Il 20 giugno 2022, in una cerimonia ufficiale al Palazzo di Egmont a Bruxelles, il Belgio
restituì  alla famiglia “quel dente”(leggi),  l’unica cosa rimasta di Lumumba.

 


Durante la cerimonia una cassetta contenente il dente è stata deposta in una bara che il Belgio ha consegnato alle autorità congolesi alla presenza di Juliana in rappresentanza della famiglia. Il primo ministro belga consegnandole il cofanetto di velluto blu con la reliquia, ha rinnovato le scuse del governo per il ruolo giocato dal Belgio nell’omicidio.
La reliquia è stata esposta all’interno di una bara, dal 27 al 30 giugno, al Palais du Peuple, sede del Parlamento congolese.
Il 30 giugno, nel 62esimo anniversario della nascita della Repubblica Democratica del Congo, si tenne la cerimonia ufficiale di sepoltura dei  resti  di Patrice Lumumba, in un mausoleo costruito per lui nella periferia orientale di Kinshasa.
E’ uno scandalo constatare che all’inizio di questo millennio si tende  ancora a ridimensionare la portata di un simile orrore e a ricostruire e accertare con fatica una verità storica rimossa e taciuta per decenni.
Re Filippo, però, ha fatto un passo in più:  all’inizio di giugno è andato per la prima volta in Congo e ha definito il colonialismo belga «un regime caratterizzato da relazioni ineguali, di per sé ingiustificabili, segnate da paternalismo, discriminazione e razzismo», per poi aggiungere: «Qui, davanti al popolo congolese e a coloro che ancora oggi ne soffrono, desidero ribadire il mio più profondo rammarico per queste ferite del passato». Dalle strade di Bruxelles, al villaggio di Onalua, nel cuore della RDC, migliaia di congolesi commossi hanno accompagnato con musiche e danze la bara con i resti di Patrice Emery Lumumba.

La delegazione con i suoi figli e i suoi resti, partiti da Bruxelles su un aereo della Congo Airway, ha fatto scalo a Kinshasa, per ripartire la mattina seguente con tre piccoli aerei che sono atterrati nel pomeriggio a Tsumbe. Il corteo ha percorso  25 km fino a Onalua, il villaggio dove Lumumba era nato nel 1925.

Dal 2013 Onalua fa parte di un comune chiamato Lumumbaville proprio in sua memoria. Cosi  i resti del primo ministro della Repubblica democratica del Congo brutalmente assassinato  61 anni fa dai separatisti congolesi con la complicità di alcuni mercenari belgi, sono giunti in Patria il 23 giugno del 2022, attesi da una grande folla.
 

Pensiero di commemorazione della figlia:
Padre, abbiamo pianto la tua scomparsa senza eseguire i funerali… Il nostro dovere come discendenti è offrirti una degna sepoltura.      Juliana Lumumba

 

La Repubblica democratica del Congo è ancora oggi un Paese diviso e la figura di Lumumba non mette tutti d’accordo. Tuttavia nessuno può negare che sia stato un padre della nazione e che negli anni sia diventato una vera icona culturale panafricana. L’accoglienza riservata alle sue spoglie in patria è un chiaro segnale dell’importanza di questa restituzione. Nel villaggio natale la reliquia ha fatto un tour di 9 giorni, per arrivare infine a Kinshasa il 30 giugno, dove fu posta nel memoriale a lui dedicato dopo un lutto nazionale di tre giorni.

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Nota: video Youtube diffuso da Euronews

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