Ripristino della natura – l’Italia boccia la nuova Legge UE

Onu: “Fino al 40% del territorio mondiale è già degradato, colpendo quasi la metà dell’umanità”
Finalmente I ministri dell’Ambiente europei hanno confermato a maggioranza la nuova legge sul ripristino della natura , già votata dall’Eurocamera, rendendo attualizzabile uno dei pilastri fondamentali del “Green deal”.
Nonostante il voto contrario, l’Italia – così come  gli altri cinque Paesi contrari alla legge  – dovrà attuare i piani necessari per raggiungere gli obiettivi fissati. Il provvedimento, in forma di Regolamento (1), viene adottato immediatamente da tutti gli Stati membri.

Eraldo Rollando
14-07-2024
E’ innegabile che l’attività umana eserciti un forte impatto sulla natura nella quale siamo immersi, e l’impatto è sempre più forte quanto più cresce la popolazione sul pianeta Terra.
“Svegliàti” dagli eventi climatici estremi, che si verificano ormai con sempre maggior  frequenza, con molto ritardo ci stiamo rendendo  conto che non è più possibile mantenere un regime di vita che dirige il “sistema Mondo” su una china sempre più inclinata e scivolosa.
L’associazione culturale non profit Le Nius, il 22 marzo dell’anno in corso ha pubblicato un articolo firmato da Marta Ellena, esperta di cambiamenti climatici, dal titolo “ I principali disastri ambientali causati dall’uomo, e le loro cause”  nel quale vengono elencati alcuni fra i principali disastri naturali e ambientali causati dalle attività dell’uomo dal 2000 in avanti.
Secondo Le Nius, significativo è quanto accaduto in Febbraio 2006 con la frana di Leyte nelle Filippine:
“Un’enorme valanga di detriti si riversa in una valle popolata della provincia meridionale di Leyte, dopo una settimana di forti piogge e un piccolo terremoto. Si dice che il disastro sia stato causato dal disboscamento senza sosta e dall’estrazione mineraria non regolamentata intorno e all’interno della foresta montana che circonda la valle. La frana uccide migliaia di persone tra cui 250 bambini. Più di 1.500 persone sono ancora oggi disperse.”
Già nel 2020 veniva pubblicato, in occasione del World Economic Forum (WEF) di Davos, il Global Risks Report  sui rischi globali nel quale in cima alla lista compaiono quelli che, in termini di probabilità, sono riconducibili al comportamento dell’uomo.
Tra questi compaiono il fallimento nella mitigazione, grave perdita della biodiversità e collasso dell’ecosistema, nonché danni e disastri ambientali causati dall’uomo.
Finalmente, dopo mesi di stallo, vede la luce un Regolamento UE innovativo, validato dai ministri dell’ambiente, che cerca di prendersi cura della natura danneggiata dall’attività umana.
Non tutti i 27 Paesi dell’Unione hanno firmato questa legge. Contraria l’Italia, che ha votato insieme a Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia e Svezia, mentre solo il Belgio si è astenuto.
Il documento , caratterizzato da una forte impronta pionieristica, parla di ripristino delle aree danneggiate e non solo della salvaguardia di quelle intatte, ponendo l’obiettivo di ripristinare almeno il 30 per cento delle aree terrestri e marine dell’Unione entro il 2030, il 60 per cento entro il 2040 e il 90 percento entro il 2050. Con un controllo cadenzato dell’avanzamento dei lavori. Si tratta di un alleato di peso, tra i vari messi in cantiere a livello planetario, il più noto dei quali riguarda la transizione energetica da fonti fossili a fonti pulite,  che faticosamente cercano di farsi strada tra i mille impedimenti.
Tra i provvedimenti di contrasto al degrado, uno può sembrare particolarmente curioso, ma certamente da non sottovalutare. In alcune città europee è già in atto, Vienna è stata la capolista e Milano l’ha seguita; in 57 aree pubbliche della città meneghina, la rasatura delle aiole e dei parchi cittadini è stata ridotta secondo un criterio rigenerativo del micro ambiente.
Oltre alla piantumazione di nuovi alberi nelle città per contrastare le ondate di calore, ormai sempre più frequenti, troviamo “Il cosiddetto  ‘sfalcio ridotto’ che apporta diversi benefici all’ecosistema urbano. Con la riduzione del taglio dell’erba, infatti, le specie che compongono il prato riescono a completare il loro ciclo vegetativo fino alla fioritura e alla produzione di seme. Lasciare crescere l’erba significa dunque, offrire un habitat più ricco per api e insetti impollinatori, uccelli e piccoli mammiferi contribuendo così alla diversità biologica delle aree urbane. Inoltre, l’erba più alta trattiene l’umidità, preserva il suolo durante i periodi siccitosi e mitiga l’effetto delle isole di calore”( da Ufficio Stampa del Comune di Milano –  Qui).
Immaginiamo quali vantaggi si possono attendere dall’applicazione di questo criterio a livello planetario. Certo, da solo non basta a coprire la lotta alla desertificazione di cui parla HuffintongPost,  in un articolo del 17 giugno 2024. Nello stesso, l’estensore dell’articolo riferisce che in occasione del 17 giugno, Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità, è Ispra a fare il punto. “Nel Mondo ogni secondo viene desertificata una superficie grande come 4 campi di calcio … nel 2019 la percentuale degradata dell’intero territorio nazionale (italiano) – calcolata secondo la metodologia Onu con l’esclusione dei corpi idrici – si attesta al 17,4% … Questo degrado si manifesta in forme diverse: dall’erosione alla salinizzazione, dalla compattazione alla contaminazione e all’impermeabilizzazione”.  
Come già detto, non tutti i Paesi hanno votato la legge europea, l’Italia è tra questi.
E non sembra possibile che un Paese  come il nostro, costretto a investire ingenti capitali (tra l’altro chiesti a debito) per soccorrere, ad ogni stormir di vento, vaste aree del Paese colpite da alluvioni, frane, trombe d’aria, ecc, non accetti di aderire a un progetto che vuole curare la natura deteriorata.
Ma, a quanto pare, gli interessi di chi sul territorio lavora, non di rado perseguendo intenti speculativi, prevalgono su quelli della comunità. Eppure dovrebbero coincidere. Secondo calcoli dell’Unione ogni euro investito dovrebbe tradursi in almeno 8 euro di benefici.
Nel 2013, quando la proposta di legge subì uno stallo al Parlamento europeo, furono le maggiori Associazioni agricole a esultare:  Cia, Coldiretti, Confagricoltura e Filiera Italia, sostenendo che ridare spazio alla natura metterebbe a rischio la sicurezza alimentare del paese (fonte Il Salvagente leader nei test di laboratorio contro le truffe ai consumatori).
L’attuale posizione contraria delle Associazioni  del mondo agricolo, si potrebbe riassumere nel commento del presidente della CIA Gaetano Fini, secondo il quale la nuova legge non garantirebbe sufficientemente l’equilibrio tra sostenibilità ambientale, economica e sociale con conseguente danneggiamento degli ecosistemi agricoli.
Simone Cantarini, in un articolo pubblicato il 18 giugno del corrente anno su EURACTIV Italia (2) , dà conto della posizione di ogni singola Associazione ( Qui).

Sarà. Certo che abbiamo molto da imparare da quel 6% della popolazione mondiale che protegge l’80 % della biodiversità del pianeta. Sono le società indigene, che antepongono gli interessi della comunità a quelli dell’individuo, “per questo condividono e scambiano beni anziché accumulare ricchezze personali” ( da Survival – Qui).
Siamo di fronte a due mondi contrapposti: da una parte queste popolazioni tribali che noi occidentali (in senso lato) apprezziamo tutt’al più nei nostri viaggi turistici o nei documentari che le nostre TV ci mostrano, dall’altra quell’imbarazzante “Noi” che dall’alto delle nostre conoscenze tecnico-scientifiche e culturali mostriamo la nostra superiorità contribuendo, giorno dopo giorno, a rendere il Pianeta una sterile sfera che continuerà a girare attorno al sole, anche quando ogni forma di vita si sarà spenta. E capaci di esprimere concetti fumosi come quello del presidente della CIA Gaetano Fini : “ (questa legge)… danneggia gli ecosistemi agricoli perché non risponde alla oggettiva necessità di assicurare l’equilibrio tra sostenibilità ambientale, economica e sociale, essenziale per l’attuazione del Green Deal UE”.
 

Sempre da Survival, proponiamo questa riflessione : “Diversamente da noi, gli Arhuaco della Sierra Nevada colombiana si sentono fortemente responsabili per il benessere del pianeta e considerano compito loro mantenere Madre Terra in armonia. Per loro, siccità e carestie sono conseguenze del fallimento umano nel mantenere il mondo in equilibrio”.
Già, lo stesso equilibrio di cui  parla Gaetano Fini della CIA- Confederazione Italiana Agricoltori?
E non sarebbe tempo sprecato rivolgere il  nostro sguardo a coloro che, con tutta probabilità, rappresentano la nostra ultima linea di difesa per salvare la biosfera da cui tutti dipendiamo: le Nazioni dei popoli indigeni. (leggi The Guardian – Qui)
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Note
1 – Un regolamento è un atto giuridico vincolante. Deve essere applicato in tutti i suoi elementi nell’intera Unione europea. Ad esempio, quando il regolamento dell’UE sull’abolizione delle tariffe di roaming per chi viaggia all’interno dell’UE è scaduto nel 2022, il Parlamento e il Consiglio hanno adottato un nuovo regolamento sia per migliorarne la chiarezza che per garantire l’applicazione di un approccio comune alle tariffe di roaming per altri dieci anni. 

2 – EURACTIV è un sito di notizie paneuropea incentrata sulle politiche dell’UE. Nel 2022, uno studio condotto dal Consiglio dell’Unione europea ha classificato Euractiv al secondo posto nella lista dei media più influenti tra i membri del Parlamento europeo. I servizi di Euractiv sono regolarmente citati da testate internazionali come il New York Times, il Financial Times, la CNN, Deutsche Welle, le Figaro, Le Point e Il Post  (Fonte: Wikipedia)

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