Gabriella Carlon
16-03-2021
Qualche notizia confortante arriva dalla Bolivia (Stato plurinazionale della Bolivia )
nota: l’articolo collegato a Stato plurinazionale della Bolivia è del gennaio 2020.
Luis Arce (al centro dell’immagine), già ministro dell’economia nel governo di Evo Morales, ha vinto le ultime elezioni, nell’ottobre 2020, con il partito MAS (Movimento al socialismo); ha così posto fine alla reggenza ad interim di Jeanine Anes che, sostenuta dalla Destra, aveva cercato di pilotare il paese verso una prospettiva neoliberista portandolo nell’orbita statunitense.
Morales, nei suoi 14 anni di governo (2006-2019), era riuscito a ridurre la povertà estrema, ma nell’ultimo periodo aveva suscitato malcontento per aver tolto il limite dei mandati presidenziali, nonostante un referendum popolare si fosse pronunciato negativamente nel 2016. Arce vuole differenziarsi dal passato governo, (non ha inserito nessuno di quei ministri nel suo esecutivo), però intende perseguire, nel solco di Morales, il “modello economico-sociale comunitario” che poggia, in primis, sulla nazionalizzazione delle imprese estrattive che producono per l’esportazione.
Il nuovo Presidente vorrebbe trasformare il paese da esportatore di materie prime a paese industrializzato. Il territorio boliviano è ricco di minerali: dagli idrocarburi al litio, oggi particolarmente prezioso, che potrebbe rendere 4,5 miliardi di dollari l’anno. I proventi delle esportazioni saranno utilizzati per creare servizi essenziali per la popolazione e per combattere la povertà, ma dovranno anche essere reinvestiti dallo Stato in attività manifatturiere (che trasformino le materie prime in loco), oltre che in agricoltura e allevamento, altri settori importanti dell’economia boliviana; un’ulteriore potenzialità è lo sviluppo del settore turistico. L’obiettivo è creare lavoro e benessere (Buen Vivir).
Buona prospettiva, in ambito culturale e sociale, viene dal Ministero delle culture (al plurale per includere le diverse culture indigene che rappresentano il 40% della popolazione), che si chiamerà anche “della colonizzazione e della depatriarcalizzazione”; titolare di tale ministero è una donna india, Sabina Orellana Cruz, rappresentante dei campesinos. Inoltre la carica di Vice-presidente è ricoperta da David Choquehuanca, un rappresentante dei Movimenti indigeni. L’intento dichiarato di includere paritariamente nella società e nel governo i diversi popoli boliviani, combattendo la supremazia bianca, non può che essere considerato lodevole. Va ricordato che l’élite bianca, con venature di razzismo, disprezza la bandiera multicolore dei popoli dell’impero Inca, che pure è riconosciuta come simbolo della nazione dal 2009. La strada da percorrere per integrare le diverse “nazioni” boliviane è ancora difficile. Mi sembra interessante a questo proposito il discorso di insediamento del Vice-presidente.
La Bolivia sta attraversando un periodo di crisi economica con un crollo del PIL dell’11%, anche a causa del Covid 19, tuttavia speriamo che i positivi propositi del nuovo Governo, sul piano economico- sociale e culturale, non vengano ostacolati o azzerati da potenti forze nazionali e… internazionali.
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