Gabriella Carlon
10-07-2019
Tirato un sospiro di sollievo perché l’avanzata dei partiti sovranisti in Europa è stata modesta (a parte il caso italiano) , si tratta ora di capire quali saranno gli orientamenti politici dell’Unione nel prossimo futuro.
Prima delle elezioni tutti gli “europeisti” convenivano nel sostenere che l’indirizzo neoliberista doveva essere cambiato: la politica di austerità non ha permesso ai paesi più in difficoltà di migliorare le loro condizioni, anzi sono aumentate le disuguaglianze sia all’interno sia nei confronti dei paesi più prosperi. Persino Junker versò lacrime di coccodrillo sulle sorti della Grecia. Le critiche all’Unione erano molto diffuse, anche se con obiettivi diversi: i sovranisti con l’intento di ridurne i poteri e possibilmente lavorare per la sua disgregazione, gli europeisti con l’intento di consolidarla orientandosi verso un assetto federale e soprattutto verso una politica economica che garantisse welfare universalistico e investimenti pubblici per diminuire la disoccupazione (ricordate il piano Delors?).
Lo scontento per la politica economica fin qui praticata dall’Unione si è tradotto in una sconfitta per i partiti al governo (popolari e socialdemocratici) che , anche se i popolari conservano il primato, hanno entrambi perso rovinosamente voti e non detengono più la maggioranza. Vincitori sono i liberali e i verdi. Quasi insignificante la Sinistra. Ma non è strano questo risultato? Si può capire il voto sovranista per chi l’Europa non la vuole, ma gli europeisti che vorrebbero cambiare le regole rifacendosi al documento di Ventotene in quale direzione pensano di cambiare?
Dai verdi possiamo aspettarci un impegno più serio per fronteggiare i cambiamenti climatici, ma si può chiedere ai liberali un mutamento di politica economica con interventi volti a regolare l’economia al posto del mercato? A ostacolare la privatizzazione dei servizi? A dettare regole rigide alla finanza? A eliminare i paradisi fiscali? A mettere in atto una tassazione fortemente progressiva e uniforme nei paesi dell’Unione? Sembra inverosimile: il problema non è “l’Europa” , è chi abbiamo mandato in Europa a scrivere le regole, per altro condivise da tutti, Italia compresa.
Ma stiamo a vedere.
Se si fa un’analisi dei voti, in una competizione elettorale vincitori sono coloro che ne raccolgono di più: PPE e a seguire S&D e Liberali sono perciò destinati a governare l’Europa dei prossimi 5 anni perché la maggioranza degli Europei li ha votati. Anche in Italia per quarant’anni si è letto che avevano vinto questi o quelli, ma di fatto vinceva e governava sempre la DC perché in democrazia governa chi ha più eletti.
Altro discorso è quello dell’analisi delle tendenze dell’elettorato, confrontando il voto con il risultato delle elezioni precedenti: realizzare il proprio record personale è sempre una bella soddisfazione, anche se si arriva molto dopo al traguardo… In realtà, chiamando le cose con il loro nome, l’analisi delle tendenze non è banale e ci aiuta a comprendere l’orientamento complessivo dell’elettorato.
Da questo punto di vista condivido perciò l’analisi dell’articolo e i timori che esprime: considerato che non hanno vinto le forze (non sovraniste) di cambiamento sono più che giustificati, anche perché mi sembra che l’asse politico si sia spostato ancora di più verso destra…