Sostegno al reddito

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Gruppo Corallo
(a cura di Eraldo Rollando)
8-03-2016

(Quello insufficiente o quello che non c’è)
Iniziamo con una premessa, per capire perché si parla di sostenere il reddito: I dati sulla povertà in Italia, al 2013, riferiscono che circa il 9,9% dei residenti nel nostro paese vive in povertà assoluto (6 anni prima, nel 2007, era il 4,1%). Attenzione, non si tratta delle persone coinvolte dalla crisi economica che ha abbassato la loro capacità di spesa, costringendole a rinunciare ad alcuni consumi  che prima erano addirittura superflui. Si tratta di persone che sulla base dei calcoli forniti dall’Istat non raggiungono  uno  standard di vita minimamente accettabile; vedi alimentazione adeguata, diritto alla salute, diritto ad una abitazione decente, possibilità di vestirsi, ecc.
Guardando all’ Europa, si nota che la situazione ha da tempo ottenuto una risposta, seppure variegata da stato a stato, in quanto la quasi totalità delle nazioni UE (anche sulla spinta della Commissione Europea che nel 1992, con la raccomandazione 92/411, di fatto impegnava gli stati ad adottare misure di garanzia del reddito) ha adottato misure in tal senso  (addirittura, alcune nazioni come Gran Bretagna e Germania avevano preso iniziative autonome già dagli anni ’70). L’importo medio  erogato in Europa è di circa 400 euro/mese con punte minime e massime che, per le persone sole (unico componente famigliare), vanno da   205 euro della Danimarca a 669 euro per la Gan Bretagna. C’è da considerare anche il fatto che ogni paese ha una sua soglia minima di povertà e che non di rado ogni stato interviene anche con altre forme di sussidio aggiuntive.
Al 2015 mancano, sicuramente, all’appello ancora due nazioni: Grecia e Italia (si dice anche Ungheria).
Va da sé che uno stato che si definisce democratico non può accettare che una parte così consistente dei suoi cittadini viva nell’indigenza assoluta. L’equità sociale è uno dei pilastri della Democrazia; la Costituzione italiana ne prende atto con l’art. 2 (dignità umana) e articolo 3 comma 2 (uguaglianza) . In Italia, per sanare questa palese ingiustizia, sono sorte nel tempo varie proposte provenienti sia dalla politica che dalla società civile.  Però, come spesso succede da noi, le proposte si moltiplicano ma spesso finiscono, come dicono a Roma, “in caciara” e tutto rimane bloccato da veti incrociati della politica. Ne è esempio l’intervento del Presidente del Consiglio Renzi  il 6/6/2015 quando afferma, in risposta alla proposta di M5S, “Siamo una Repubblica fondata sul lavoro e non sull’assistenza”, dimenticando la proposta di legge di alcuni suoi parlamentari giacente al Senato dal 2011. Poco più tardi Silvio Berlusconi, quasi ad approfittare della situazione, dichiara che occorre prendersi carico della povertà, anche lui distratto sulle precedenti dichiarazioni contrarie alla sua come quella della coordinatrice lombarda di Forza Italia Gelmini. Tattiche politico/elettorali  da “basso impero” sulle spalle di gente povera.
Ciò detto, in Italia forse qualche cosa si sta muovendo in quanto, all’inizio del 2016, il Governo ha presentato un Disegno di Legge Delega per il sostegno al reddito.
Per chiarire i termini e i concetti, veniamo prima alle definizioni generali. Le più note sono  “Reddito minimo garantito”, “Reddito di cittadinanza” , ”Reddito di Base”. I termini non si equivalgono, vediamo come.
“Reddito minimo garantito”: non viene dato a tutti . Con il Reddito di base e il reddito di cittadinanza ha la comune caratteristica di essere devoluto solo a coloro che sono dotati di cittadinanza e di residenza . Si differenzia, però, per un sistema di regole che ne restringe l’azione. Si rivolge a chi è in età lavorativa, l’importo varia, di norma, con l’età stessa e viene determinato in funzione del mancato raggiungimento della soglia minima di povertà. Molto spesso, in caso di appartenenza ad una famiglia, si tiene conto dei redditi dell’intero nucleo familiare in modo da sostenere ogni singolo. Un ulteriore vincolo è l’impegno dell’interessato, in caso di perdita del lavoro, alla ricerca attiva di un nuovo lavoro. In pratica, chi non dispone di alcun reddito l’importo viene dato integralmente; chi ha un reddito sotto la soglia definita “minima” viene corrisposta un’integrazione sino a raggiungere il valore di quella soglia
” Reddito di base”: viene dato indistintamente a tutti. Chiamato anche Reddito universale o Basic income, viene universalmente definito come una erogazione monetaria per tutti, illimitata nel tempo e devoluta a periodi fissi (in genere ogni mese), concessa a tutti coloro che sono dotati di cittadinanza e di residenza, a prescindere dal reddito posseduto, e senza vincolo alcuno.
Reddito di cittadinanza”: viene dato indistintamente a tutti. Non è altro che una definizione alternativa al “Reddito di base”. Per ottenerlo, quindi, occorre soddisfare all’unico requisito di essere cittadino di uno stato.

E’ intuitivo che nei due filoni principali Reddito di base/Reddito di cittadinanza e Reddito minimo garantito esistano due sostanziali problematiche:
-Dare un reddito a tutti, a prescindere dalla propria situazione economica,  rappresenterebbe un serio vulnus alla giustizia sociale, laddove esistano zone di indigenza.
-L’impatto economico sui conti pubblici di uno stato potrebbe essere seriamente imbarazzante, a seconda della soluzione adottata.

Quali proposte sono “giacenti” e quali provvedimenti adottati in Italia?
Diverse …tutte seguite da polemiche.
Proposte da partiti, Istituzioni, società civile. Diciamo subito che quasi tutti i partiti hanno presentato nel tempo la propria proposta. Quasi tutte le proposte, dal punto di vista economico, non dovrebbero rappresentare un onere impossibile per lo Stato, essendo basate sostanzialmente sulla formula “Reddito minimo garantito” anche se il termine “cittadinanza” viene usato molto spesso e  a sproposito (vedi M5S, PD, proposta Maroni per la Lombardia, ma non solo). Le proposte rientrerebbero in un  contestuale riordino del sistema degli ammortizzatori sociali molto farraginoso e non più adeguato (già allo studio da parte di vari governi passati e, a fine 2015, ripreso dal Governo Renzi), per recuperare le risorse occorrenti.
Le proposte  variano da 400 a 600 euro/mese.
Da più parti viene sostenuto, in ogni caso, che quando il valore del contributo supera una certa soglia l’incentivo a cercare un lavoro, in assenza di “paletti” rigidi, viene meno e aumenta la propensione a starsene a casa. Questi dubbi sono stati posti non solo a livello nazionale ma anche internazionale. Tale soglia è giudicata molto vicino ai 600 euro.
Alcune stime parlano di un costo per lo Stato di circa 10 miliardi di euro all’anno per una erogazione di 500 euro/mese e di circa 21 miliardi per una erogazione  di 600 euro che potrebbero essere giustificati dall’allargamento della platea degli aventi diritto.  Autorevoli commentatori  hanno sostenuto che l’adozione del Reddito minimo garantito, oltre a rappresentare un segno di civiltà, potrebbe anche contribuire a sostenere meglio lo sviluppo, a combattere la criminalità, a disincentivare il lavoro nero, a combattere la corruzione e a ridare vera cittadinanza a troppi soggetti lasciati al margine .
C’è sicuramente da osservare che, in ogni caso,  molti cittadini dediti alla pratica assai diffusa di lavoro nero e di evasione sia fiscale che contributiva risulterebbero sotto la soglia di povertà, pur non essendolo di fatto.
A – Veniamo alle proposte principali (passate e future)
Premessa:  solo nel  Disegno di Legge  del Movimento 5 Stelle viene chiarito che le cifre indicate sono nette.
Siccome tutte le proposte fanno riferimento ai dati ISTAT, si dovrebbe presumere che, in tutti gli altri casi, si tratta di importi lordi.
Ne consegue che non è facile fare confronti, soprattutto per l’impegno economico  che ogni proposta comporta.
Partito democratico:
La proposta di  DDL n. 2806 (presentato al Senato nel 2011, primo firmatario il sen. Di Giovanpaolo) presentava la dizione  di  “Misure per l’istituzione del reddito minimo di cittadinanza”.  In esso, per come è articolata la proposta di DDL, occorrerebbe sostituire  la parola “cittadinanza” con “garantito”.
Viene definito  un contributo di ca. 600 €/mese (7000 €/anno) a tutte le persone inoccupate, disoccupate e precariamente occupate residenti in una regione da almeno ventiquattro mesi; con reddito personale imponibile e redditi diversi non superiori alla soglia di povertà indicata dall’ISTAT, iscritte alle liste di collocamento se non già occupate , e altre formule restrittive.  La proposta contiene tutta una serie di norme per il reperimento delle coperture finanziarie, quali ad esempio il riordino di tutte le prestazioni assistenziali compreso il riordino della Cassa integrazione.
Inoltre, il 10-4-2013, viene presentato un provvedimento “tampone” con effetti  limitati nel tempo.  Infatti, in un comunicato stampa a  cura del  deputato democratico Danilo Leva, viene segnalata la presentazione alla Camera di  una nuova proposta che prevede il contributo di 500 Euro/mese a chi ha un reddito inferiore a 6800 euro l’anno. Il parlamentare sottolinea come “con questa proposta di legge abbiamo l’obiettivo di istituire un nuovo strumento di inclusione sociale e di lotta alla povertà per i cittadini oggi più esposti agli effetti della crisi economica-finanziaria in corso”.  Secondo i promotori, tale contributo durerà in via sperimentale due anni e mezzo, dal 2013 al 2015. La priorità andrà ai cittadini delle regioni con tassi di disoccupazione superiori  alla media nazionale. Coinvolgerà circa 400.000 persone, ma ne lascerà fuori un numero molto rilevante.
Al giugno 2015 anche questa proposta si è persa nella nebbia.
Movimento Cinque Stelle:
Il 29-10-2013 viene presentato al Senato la proposta di Decreto legge n.  1140. M5S valuta l’onere per la Stato a circa 17 miliardi/anno, che conta di recuperare con tasse sul gioco d’azzardo,   nuove tasse sulle imprese petrolifere,   riduzione dei costi della politica,  risparmi dall’acquisto di beni e servizi dell’amministrazione pubblica, una patrimoniale da 4 miliardi, taglio dell’imu alla chiesa, stop alle pensioni d’oro, taglio delle spese militari, ecc.
Si parla di un contributo mensile di 600 € netti che verrebbe corrisposto a chi è disoccupato, inoccupato, pensionato o a basso reddito fino al raggiungimento della soglia di 600 euro al mese, condizionato ad alcuni obblighi come non rifiutare più di 3 offerte di lavoro trovate dai centri per l’impiego, frequentare corsi di formazione e fare lavori socialmente utili per otto ore settimanali. Anche questa proposta tiene conto del nucleo famigliare.
In alcuni organi di stampa la cifra viene portata a 780 €. (Quasi sicuramente si tratta di valore  lordo, non esplicitato come tale, creando confusione al dibattito).
Sinistra Ecologia e Libertà (SEL)
Nella sua  proposta di legge per l’istituzione del reddito minimo garantito, Sel prevede un contributo di 600 €/ mese (sino 1900 € per una famiglia di 5 componenti) a tutte le persone inoccupate, disoccupate e precariamente occupate con un reddito personale imponibile inferiore a 8.000 euro. Le condizioni per parteciparvi sono molto simili a quelle di tutte le altre proposte.
Alleanza contro la povertà in Italia (Varie associazioni):  Fa una nuova proposta, molto articolata e complessa, sulla quale vale la pena di soffermarci.
Nel Marzo 2015 viene avanzata la proposta del “Reddito di inclusione sociale” (REIS) .
A farla è un’ampia platea di Organizzazioni operanti nel mondo sociale (circa 30 di varia estrazione, tra cui la Caritas, Aci, Cgl-Cisl-Uil, in testa) che, all’inizio del 2004,  hanno costituito L’Alleanza contro la povertà  in Italia. Lo scopo è di avviare al più presto un Piano Nazionale contro la Povertà, di durata pluriennale, senza che vengano ridotte le attuali prestazioni di assistenza ai bisognosi.
Il progetto prevede di partire, tra coloro che sono in povertà assoluta, prima da chi sta peggio e gradualmente arrivare a quelli che stanno “un po’ meno bene”.
Cosa molto importante, viene ritenuto indispensabile “ il pieno coinvolgimento delle Organizzazioni Sindacali e del Terzo settore con le Istituzioni interessate, sia nella programmazione che nella progettazione e gestione degli interventi”.
Il criterio di base è universalistico, ed è molto vicino al reddito di cittadinanza: il reddito è destinato ai cittadini,di qualsiasi nazionalità, in possesso di un valido titolo di legittimazione alla presenza sul territorio italiano e qui  presenti in forma regolare da almeno 12 mesi. Ogni nucleo riceve mensilmente una somma pari alla differenza tra la soglia di povertà e il proprio reddito”… “Insieme al contributo monetario, i beneficiari del REIS …. ottengono servizi sociali, socio-sanitari, socio-educativi o educativi.
E’ posto il vincolo di attivarsi alla ricerca del lavoro (nell’età 18-65 anni).
Al fine di evitare che il REIS venga assegnato a chi, pur avendo un reddito da lavoro basso, dispone di un reddito patrimoniale, vengono escluse le famiglie con un Isee (definito secondo la nuova normativa) superiore a 12 mila euro. Vengono quindi sommati i redditi monetari dei componenti, detratti tasse e una cospicua parte dell’eventuale affitto, se quanto resta è inferiore alla soglia minima di povertà, calcolata per un singolo in 400 €/mese (che aumenta in caso di più componenti), viene corrisposta una integrazione. Al fine di evitare dichiarazioni Isee infedeli, viene utilizzato anche un indicatore (già impiegato in vari contesti locali) di consumi presunti  da confrontare con l’Isee.
Il costo della proposta:  i promotori rendono noto che l’onere economico per lo Stato è stimato, a regime, in circa 7,1 miliardi di Euro e  rappresenta poco più dell’1 per cento della spesa primaria corrente. Una quota indubbiamente contenuta. E fanno notare che, quando un tema diventa priorità politica, le risorse si trovano. Gli esempi più noti sono il bonus da 80 Euro (2014, costo annuo di 10 miliardi di Euro) e l’eliminazione di due imposte sull’abitazione di residenza: l’Ici (2008, costo 3,4 miliardi di Euro) e l’Imu (2013, costo 4 miliardi al lordo della cosiddetta mini-Imu)
 Grandi assenti: Forza Italia e Lega Nord
Vedremo quale modello sceglierà il Parlamento,  se e quando lo sceglierà. Che siano i  600 euro netti proposti dai 5 Stelle, i 600 (netti?) di Sel, i 500 (netti?) proposti dalla sinistra del Pd o ancora i 400 euro (netti?) del progetto Reis.

Al di fuori dei partiti molte voci e proposte si sono ascoltate:
Fra le diverse riportiamo, in ordine di tempo, la proposta della professoressa Chiara Saraceno ( è una delle sociologhe più competenti e stimate in Italia), formulata in un’intervista a Radio Popolare del 18 gennaio 2016, preoccupata dalla durezza della crisi che ha colpito l’Italia e dalle disuguaglianze che si sono create.
Domanda: Lei che tipo di reddito minimo ha in mente?
Saraceno: Un reddito commisurato all’ampiezza della famiglia. E come quantità almeno vicino alla soglia di povertà, ai minimi sociali, quindi tra i 400 e i 500 euro mensili a persona. È il minimo per garantire quello che io chiamo ‘il diritto al consumo’, e va aumentato in base alla composizione familiare.
Domanda: E per evitare che poi il reddito minimo diventi solo assistenzialismo?
Saraceno: Guardi, le cito l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ndr) che non è certo di estrema sinistra: l’Ocse spiega che è utile avere un reddito minimo ben congegnato….Io penso a un reddito che impedisca a una persona di sedersi, quindi un assistenzialismo attivo che sia da stimolo per cercare un nuovo lavoro, con il supporto di consulenti, con la formazione professionale. Un reddito minimo dignitoso dà tempo e serenità mentale per pensare e agire per il proprio futuro….E se il Governo fosse intelligente proporrebbe un fondo comune Stato-Regioni per introdurre in Italia il reddito minimo.

B – Le Istituzioni che “ci stanno provando”
Dal punto di vista Istituzionale le azioni in corso al gennaio 2016 riguardano il Governo, 7 Regioni e 2 provincie.
Da rilevare, inoltre, che molti comuni italiani, grandi e piccoli,  forniscono agevolazioni e prestazioni di vario genere delle quali, data la numerosità ed eterogeneità , non è facile, qui, dare conto.
Sarebbe forse utile che tutta la materia venisse riordinata, non solo a livello nazionale comprendendo  anche i livelli regionale, provinciale e comunale in modo tale da evitare i “mille rivoli”.
Governo:
Reddito minimo
Stando alle dichiarazioni del Ministro del lavoro e al comunicato del 28gennaio 2016 sembra che  il Governo italiano abbia finalmente preso la decisione di adottare misure contro la povertà. Il ministro del Lavoro Poletti ha parlato di istituire il “Reddito minimo” e assegnare 320 euro/mese per circa un milione di persone, in via permanente. Il provvedimento sarà ristretto alle famiglie con minori e i decreti attuativi sono previsti per prima dell’estate 2016.
Con il comunicato stampa del 28 gennaio 2016  Il Consiglio dei Ministri ha reso noto di avere “approvato un disegno di legge delega recante norme relative al contrasto alla povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali. “
Il DDL, tra le altre cose, ”introduce una misura nazionale di contrasto alla povertà, individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, …. che prevede la predisposizione per i beneficiari di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa sostenuto dalla offerta di servizi alla persona.  Questa misura è volta a superare la logica di mera assistenza passiva, ….. L’intervento, contenuto nei limiti delle risorse disponibili nel Fondo per la lotta alla povertà e all’inclusione sociale di cui all’articolo 1, comma 386, della legge di Stabilità 2016, verrà gradualmente esteso sulla base delle risorse che al Fondo affluiranno in virtù degli interventi di razionalizzazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali
Il Fondo prevede  una dotazione di 600 milioni per l’anno 2016 e di 1 miliardo a decorrere dal 2017.
Bene l’intenzione, monitoreremo gli sviluppi, il percorso parlamentare del DDL nonché la pubblicazione dei decreti attuativi della legge.
Regione Puglia:
Reddito di dignità (ReD)
Anche la Regione Puglia ha preso l’iniziativa di assistere le persone in difficoltà economica con uno stanziamento record di circa 70milioni di euro/anno. In merito, l’Agenzia giornalistica PressRegione della Regione stessa ha emesso il seguente comunicato:
“Il 10 novembre 2015 la Giunta regionale della Puglia ha approvato il disegno di legge sul Reddito di dignità “ReD”, il progetto che consentirà ai nuclei familiari pugliesi che si trovano sotto la soglia di povertà di recuperare un minimo di capacità di spesa e ottenere formazione professionale, reinserimento lavorativo e ruolo all’interno della comunità….” A dare tutti i dettagli il presidente della regione Puglia Michele Emiliano:  “Abbiamo approvato in Giunta il disegno di legge sul Reddito di Dignità “ReD”…. La misura prevede fino a un massimo di 600 euro al mese, per 20mila famiglie, corrispondenti a circa 60mila pugliesi, ogni anno. Nell’arco di 5 anni si stima di poter raggiungere la totalità della popolazione pugliese che oggi si trova sotto la soglia di povertà….”
In poche parole, possono beneficiare del reddito minimo le famiglie residenti in Puglia con ISEE inferiore a 3 mila euro annui. Dovranno essere prese in considerazione altre variabili quali l’essere disoccupati e la presenza di figli minori all’interno del nucleo familiare.
L’importo del sussidio parte da un minimo di 210 euro e può arrivare fino ad un massimo di 600 euro al mese, in funzione del nucleo famigliare,  quando i familiari sono 5.
Per la lettura completa  della proposta di Legge Regionale si rimanda al link
http://www.regione.puglia.it/web/files/Servizio%20Stampa%20G.R./ReD.pdf
Il giornale online Baritoday pubblica una sintesi estremamente chiara del provvedimento:
http://www.baritoday.it/economia/reddito-di-dignita-come-funziona-beneficiari-come-presentare-domanda.html
A questo punto rimaniamo in attesa che la legge regionale venga approvata.
Regione Basilicata
Reddito minimo di inserimento.
Nel 2015 la Regione ha istituito il “Reddito minimo di inserimento”, con lo stanziamento di 7,7 milioni di euro. A partire dal 29 luglio 2015 viene data la possibilità di inviare la domanda di accesso al provvedimento.
E’ previsto un assegno mensile, che mediamente si aggira intorno a 450 euro, che viene attribuito a persone che vivono in una condizione di particolare svantaggio e che vogliono cogliere l’opportunità di inserirsi, o meglio reinserirsi, nel circuito lavorativo. Sono previsti particolari criteri di selezione come il reddito ISEE, l’età, il nucleo famigliare, la residenza e altro.
L’inserimento lavorativo è previsto nell’ambito delle attività di pubblica utilità e, a regime, potrebbe interessare una platea di circa 6000 persone.
In sostanza non si tratta di una elargizione ma del compenso per un’attività lavorativa.
Nel 2016, però, la situazione potrebbe migliorare in quanto al fondo attuale si potrebbero aggiungere circa 40 milioni di euro del fondo derivante della royalties del petrolio che viene estratto in regione, da riassegnare in seguito agli accordi ministeriali. In questo caso, la durata del sostegno potrebbe aumentare con la pubblicazione di un nuovo avviso, anche per una platea più ampia di lavoratori.
Regione Molise
Reddito minimo di cittadinanza
La Regione, con l’ultimo stanziamento al “Fondo per l’inclusione sociale e il contrasto alla povertà” dell’importo di 1 milione di euro, in via sperimentale, ha voluto “fare qualcosa per chi arranca ad arrivare a fine mese”.
E’ previsto un contributo di 300 euro mensili per un anno a famiglia.
E’ stato aperto un bando per l’iscrizione alle liste e le domande dovranno pervenire nel periodo che va dal 16 gennaio al 28 febbraio 2016
Potranno fare richiesta coloro che hanno più di 18 anni, risiedono in Molise da almeno 24 mesi e abbiano un reddito ISEE che non superi i 3000 euro. Sarà data precedenza ai nuclei famigliari con almeno 4 figli a carico, seguiti dai nuclei monogenitoriali e da quelli con anziani e/o disabili a carico.
Inoltre la famiglia che richiede il sostegno non deve avere percepito, nel 2015,  sussidi oltre i 100 euro per contributi, borse lavoro, rimborsi o sussidi economici di rilevanza nazionale
Regione Lazio:
Nel 2009 (Legge regionale 4/2009) la Regione ha introdotto in via sperimentale il Reddito minimo di garanzia.  Vennero posti alcuni vincoli tra i quali la residenza in regione da almeno 24 mesi e un reddito non superiore a 7000 euro/anno. Vennero inoltre fornite alcune forme di sostegno indiretto quali trasporti pubblici gratuiti o contributi per l’affitto. L’esperienza è stata positiva ma di breve durata. Nel maggio 2010 con il cambiamento della maggioranza al governo regionale la legge non è stata rifinanziata e l’esperimento si chiuse.
Nel Dicembre 2014 la Regione ha ripreso il progetto emanando il Programma Operativo regionale per il periodo 2014-2020 con un finanziamento di circa 900 milioni di euro basato al 50%  sul Fondo Sociale Europeo e il rimanente con interventi pubblici.
Regione Lombardia:
Reddito di autonomia.
Il presidente Maroni, ai primi di maggio 2015, ha lanciato l’idea di un Reddito di cittadinanza da finanziare utilizzando parte del Fondo sociale europeo destinato alla lotta alla povertà, insieme a una parte del bilancio regionale
Finalmente,tenendo fede agli impegni presi in primavera, nella seduta dell’8 ottobre 2015, la Regione Lombardia ha approvato il “Reddito di Autonomia” si tratta di misure rivolte ai cittadini lombardi in condizione di difficoltà economica.
Per  fare fronte a queste misure sono stati stanziati 50 milioni di euro per gli ultimi tre mesi del 2015 (con partenza nel mese di ottobre) e 200 milioni per il 2016. Il provvedimento prevede di attingere a parte dei finanziamenti provenienti dal Fondo Sociale Europeo previsti per il periodo 2014-2020.
Sono state individuate azioni a favore di famiglie con redditi bassi, di persone fragili (anziani e disabili) e di disoccupati che hanno finito la cassaintegrazione o la mobilità.
Le provvidenze e i vincoli sono molto articolati. Per saperne di più aprire il link seguente
http://www.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=Redazionale_P&childpagename=Regione%2FDetail&cid=1213756697391&pagename=RGNWrapper
Regione Friuli Venezia Giulia:
Misura attiva di sostegno al reddito.
Il Movimento cinque stelle è riuscito a fare passare la proposta di Reddito di cittadinanza in Regione con l’appoggio di PD, Lega Nord, UDC e Autonomia responsabile. Contraria Forza Italia.
“La Misura attiva di sostegno al reddito” è stata introdotta dalla legge regionale 15/2015 ed è stato approvato il regolamento attuativo.
“In Friuli Venezia Giulia lo abbiamo chiamato Misura attiva di Sostegno al reddito: non è una forma assistenziale ma un aiuto temporaneo, in base al quale il beneficiario stringe un Patto con la Regione che gli dà un aiuto in cambio di un impegno a riqualificarsi professionalmente attraverso corsi di formazione o a prendersi un impegno sociale”.
Con questa dichiarazione, del 2 febbraio 2016, La Presidente della Regione a guida PD ha voluto sottolineare che la particolare specificità del provvedimento.
Destinatari della nuova legge regionale saranno tutti i nuclei familiari di cui almeno un componente è residente in Friuli Venezia Giulia da almeno 12 mesi, con un Isee non superiore a 6 mila euro.
I contributi, il cui importo massimo mensile sarà pari a 500 euro, in via sperimentale saranno concessi per un massimo di 12 mesi, solo in casi particolari riattivabili, dopo un’interruzione di almeno quattro mesi. Saranno erogati bimestralmente attraverso una Carta acquisti, una normale carta di pagamento elettronica che permetterà di comperare generi alimentari presso negozi abilitati, pagare spese sanitarie e bollette di luce e gas.
Regione Valle d’Aosta
Misure di inclusione attiva e sostegno al reddito.
La Regione il 10 Novembre 2015 ha approvato la legge n 18 per un intervento monetario che va da 450 a 550 euro mensili sino ad un massimo di 4400 euro.
Il contributo è limitato ad un periodo di 5 mesi, prorogabile di altri 3 mesi dopo la sospensione di almeno un mese.
Per ottenere il beneficio occorre sottoscrivere un patto che consiste in una serie di azioni volte all’inserimento lavorativo.
Si può presentare domanda nel periodo 22 febbraio 31 marzo 2016.
E’ rivolto a nuclei famigliari anche di una sola persona.
I requisiti principali sono:
Avere almeno 30 anni di età, avere un reddito ISEE non superiore a 6000 euro, essere residente in Regione da almeno 24 mesi senza interruzione, essere disponibile ad attività lavorative, non essere titolari di pensione o avere maturato i requisiti pensionistici.
L’intervento regionale è erogato fino al 31 dicembre 2018.  Fino a tale scadenza, il beneficio può essere richiesto una sola volta per nucleo familiare.
Provincia Autonoma di Trento:
Reddito di garanzia
La legge provinciale n.13 del 2007 (Politiche sociali in provincia di Trento) prevede l’attivazione di interventi di sostegno economico. L’ultimo aggiornamento è avvenuto con la Deliberazione della Giunta provinciale n. 1015 del 24 maggio 2013.
L’intervento viene definito come “Erogazione monetaria ad integrazione della condizione economica del nucleo familiare insufficiente rispetto ai bisogni generali della vita”.
I requisiti generali per accedere alla erogazione sono:
1 – presenza di almeno un componente avente residenza da più d tre anni continuativi in un comune della provincia di Trento al momento della domanda;
2 – indicatore di condizione economica del nucleo familiare (ICEF) inferiore a 0,13;
3 – assenza di componenti che hanno reso dichiarazioni mendaci relative ai requisiti di cui sopra, sulla base dei quali è stato adottato , nei 18 mesi antecedenti quello di presentazione della domanda, un provvedimento di decadenza totale dal beneficio.
E’ previsto un contributo per un periodo di 4 mensilità e l’importo massimo mensile non può superare i 950 euro.
E’ possibile chiedere un rinnovo, che può essere ripetuto per non più di 3 volte.
Tutto il provvedimento è vincolato da condizioni specifiche oltre a quelle succitate.
Provincia autonoma di Bolzano:
Reddito minimo di inserimento.
Il progetto è finalizzato al sostegno economico e sociale delle persone esposte al rischio di marginalità sociale ed impossibilitate per cause psichiche, fisiche e sociali al mantenimento proprio e del proprio nucleo familiare.
Possono accedere al provvedimento i cittadini italiani, cittadini UE, cittadini di paesi terzi con permesso di soggiorno e i rifugiati, purché aventi dimora stabile e ininterrotta da almeno sei mesi in provincia di Bolzano prima della presentazione di ogni domanda:
Per l’anno 2016 la quota massima  assegnabile ad una  persona singola che vive da sola ammonta a  600 € mensili,e aumenta con il numero dei famigliari. Di norma il sussidio ha validità massima di sei mesi. E’ possibile rinnovare la domanda di accesso alla prestazione una volta che questa è scaduta. Il provvedimento prevede che la prestazione venga ridotta se viene rilevato che un componente del nucleo famigliare non si attivi o si attivi in modo insufficiente al mantenimento della famiglio ( ricerca di un lavoro)

Segnaliamo, a parte,  la Regione Campania per la quale, pur avendo la Regione stessa riavviato un importante Piano di intervento sul Welfare, non ci è stato possibile identificare  la parte relativa al “sostegno al reddito” (sicuramente per nostra carenza interpretativa)
Regione Campania:
E’ stata la prima regione a occuparsi di questo problema , e nel 2004 ha inserito il Reddito di cittadinanza (Legge regionale  2/2004).
Prevedeva  un contributo monetario mensile di 350 euro (aumentato in funzione del gruppo famigliare) e, in più, una serie di cosiddette «misure di accompagnamento» che, nell’intenzione del legislatore, si configuravano come la parte più importante del provvedimento. Al contributo monetario potevano  accedere famiglie risiedenti  in uno dei comuni della Campania da almeno 60 mesi e che dichiaravano un reddito annuo inferiore ai 5000 euro. L’esperienza si è spenta nel 2008 per mancanza di fondi.
Nel periodo 2013-2015 è stato finanziato il Piano Sociale Regionale che al suo interno comprendeva tutti gli interventi sul Welfare campano (per un totale nel triennio di circa 58 milioni di euro), in cui l’individuazione della sola parte relativa al sostegno al reddito non ci risulta facile da identificare.
Il Piano è stato riproposto il 4 dicembre 2015, per il triennio 2016-2018

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