Democrazia e informazione

Gabriella Carlon
05-06-2023
Democrazia può essere intesa in molti modi. Nella nostra Costituzione si delinea una democrazia parlamentare: il Parlamento fa le leggi con il più ampio concorso possibile di tutte le forze politiche, dando in qualche modo concretezza alla ricerca del bene comune. Ma negli ultimi anni si è imposto di fatto un altro tipo di democrazia: ha assunto sempre più potere il Governo che procede a suon di decreti-legge, lasciandone al Parlamento la ratifica. Come conseguenza le formazioni di minoranza che non hanno vinto le elezioni non hanno più voce in capitolo, non concorrono alla gestione della cosa pubblica e possono solo aspettare le successive consultazioni elettorali, sperando di vincerle.
E’ anche per questo motivo che i partiti sono diventati quasi unicamente dei comitati elettorali. Praticare la democrazia nel solo momento elettorale è molto riduttivo e presuppone una società costituita da schieramenti contrapposti: chi ha vinto comanda, gli altri subiscono (Tocqueville parlava di dittatura della maggioranza). Tutti i posti di potere sono occupati da personaggi in sintonia con il Governo.
E cosa succede quando questo criterio ha delle ricadute sul settore dell’informazione? La stampa è un mezzo di informazione elitario, mentre la maggior parte delle persone  si informa attraverso Internet che fornisce una quantità enorme di informazioni su ogni tipo di argomento. Ma con quali garanzie di esattezza e di verità? Come distinguere le notizie vere dalle fake news e dalle distorsioni della realtà in funzione di propaganda?
L’esposizione a un’infinità di notizie e commenti che chiunque (anche la persona più stupida o in assoluta malafede) può far circolare genera un marasma indistinto che disorienta un comune cittadino. D’altra parte non è pensabile che i motori di ricerca possano controllare la mole mastodontica di materiale che viene immessa in rete. E anche potendo non lo farebbero, perché siti, social e blog prosperano e arricchiscono con l’abbondante pubblicità che compare in ogni pagina. Non a caso non è stata ancora elaborata una regolamentazione adeguata.
E’ vero, comunque, che ogni individuo può cercare fonti attendibili e operare confronti di opinioni, ma si tratta di una ricerca che richiede tempo e competenze, normalmente fuori dalla portata delle persone comuni.
Per molti nostri concittadini, però, lo strumento principe per acquisire informazioni è la TV, e i telegiornali in particolare. La RAI, quale servizio pubblico, dovrebbe assolvere al compito di informare correttamente, perché è pagata in larga misura col canone versato da tutti gli italiani: tale assetto di proprietà collettiva dovrebbe garantire serietà nell’informazione e pluralità di punti di vista. Il problema della dirigenza RAI diventa dunque dirimente. Un tempo si era risolta la questione con la lottizzazione delle reti; non era una gran soluzione, però almeno sussisteva una certa pluralità di voci. Ma da parecchio tempo le reti si sono uniformate e i telegiornali sono uno la fotocopia dell’altro. L’apice si è raggiunto con le notizie sulla guerra in Ucraina, quando la posizione ufficiale del Governo si è sostituita all’informazione, mettendo a tacere le opinioni alternative o critiche verso le scelte del potere politico.
Il diritto all’informazione, come i diritti sociali, non è esplicitamente garantito dalla Costituzione, ma lo dovrebbe essere di fatto, pena il venir meno della stessa democrazia. “La linfa della politica e della democrazia liberale è l’informazione” dice G. M. Flick (1), per altro in accordo con molti altri studiosi e come ribadito anche recentemente dal Presidente della Repubblica Mattarella.
La Dichiarazione dei diritti umani (art.19) e la Convenzione europea dei diritti umani (art. 10) sostengono la libertà di stampa; l’art. 21 della nostra  Costituzione, che garantisce anche formalmente la libertà di manifestare il proprio pensiero, implica anche un’altra faccia, come sottolinea Vladimiro Zagrebelsky: “Esso riguarda certo l’atto di esprimersi con la parola, lo scritto o ogni altro mezzo di diffusione, ma anche quello di ricevere le informazioni e le opinioni che altri manifestano. E questi hanno il diritto di cercare e raccogliere le informazioni per poi diffonderle. Chi svolge questa funzione – principalmente il giornalista- ha il diritto di proteggere le sue fonti di informazione.(……) La ragione di un così articolato contenuto di questa libertà risiede nel fatto che essa è uno dei principali pilastri di una società democratica”. (2)
L’informazione corretta è infatti indispensabile per poter compiere scelte razionali in qualsiasi campo, ma tanto più in ambito politico.
Nonostante la libertà dei giornalisti di fronte al potere sia un elemento irrinunciabile,  ci sono innumerevoli casi di giornalisti perseguitati, non solo nei regimi autocratici come la Russia o la Turchia, ma anche nei cosiddetti regimi democratici. Si pensi al caso Assange o a quei giornalisti italiani che si sono visti ritirare il permesso di lavorare in Ucraina perché sospettati di essere filo-russi. In un clima così poco favorevole alla libertà di pensiero, è grave, per tornare alle vicende nostrane, il licenziamento dell’A. D. della RAI prima della scadenza del mandato per sostituirlo con persona ligia al Governo. Si sta andando sempre più verso quella democrazia che è una dittatura della maggioranza, fino alle prossime elezioni. Ma su quali basi l’opinione pubblica potrà scegliere consapevolmente, in assenza di dibattito e di pluralità di opinioni e in presenza del pensiero unico?
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Note 

1) Sole 24 ore, 4 febbraio 2023,  La linfa della politica e della democrazia liberale è l’informazione

2) La Stampa, 28 febbraio 2023, Se Kiev ha paura dei giornalisti

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