L’insostenibile cristianesimo di Giorgia Meloni

È sempre interessante verificare la coerenza tra le dichiarazioni e le azioni dei politici, perché l’ascesa al governo può rivelare eccessive rigidità o contraddizioni rispetto all’immagine sbandierata in campagna elettorale

Adriana F.
29-3-2023
In un contesto sempre sopra le righe come quello che caratterizza oggi il nostro Paese, mi è parso quasi surreale il video pluricliccato della festa di compleanno di Matteo Salvini, in cui il festeggiato canta al karaoke con Giorgia Meloni all’indomani del naufragio di migranti nel mare di Cutro.
La scena di caciarosa allegria, già di per sé incongrua con il lutto per le vittime di quella tragedia, mi ha ancor più sorpreso nel constatare che la premier e il ministro avevano intonato una canzone di Fabrizio De André, cantore notoriamente solidale con i poveri e gli emarginati di ogni tipo, senza escludere nemmeno le prostitute e gli assassini. Se avesse potuto sentirli, il grande Faber si sarebbe rivoltato nella tomba. Non perché fossero stonati, ma perché in quel contesto i due mostravano di avere una sensibilità pari a zero.
Ovviamente il comportamento di Salvini non mi ha meravigliato più di tanto, visto l’alto tasso di parole o gesti estemporanei con cui ci delizia da anni. Mi ha invece colpito che al suo fianco ci fosse la presidente del Consiglio, in genere molto attenta alla comunicazione e all’immagine.
Ingenuità grossolana, la mia, sapendo che la Meloni aveva già mostrato nei confronti del triste evento una malcelata insofferenza, forse per non deludere certi suoi elettori o, al contrario, per evitare che qualcuno dei suoi fan si commuovesse troppo! Non a caso, all’indomani della tragedia, insieme al ministro della Difesa ha provveduto a lanciare spunti interpretativi a dir poco svalutanti e di pessimo gusto. Significativa anche la teatrale convocazione del Consiglio dei ministri sul luogo del disastro, dove in gran fretta è stata elaborata la nuova legge sui migranti. Un improvviso zelo, forse per camuffare una commozione che non c’era, come dimostrano le nuove regole approvate, peggiori delle precedenti. Una specie di farsa, insomma, consumata sulla pelle di chi muore in mare.

In quei giorni mi è tornato alla mente il famoso discorso della Meloni, diventato virale nel web, in cui declamava: “Mi chiamo Giorgia, sono italiana, sono una madre, sono cristiana…”. Uno start di forte impatto, di cui però solo i primi tre aggettivi sembrano oggi rispondere al vero. Visto il suo approccio al tema immigrazione, viene infatti da dubitare che la leader di Fratelli d’Italia conosca o abbia almeno orecchiato le parole del Vangelo. E se invece lo ha fatto, viene da chiedersi cosa non le sia risultato chiaro nelle parole di Cristo: “gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi” o “Ama il tuo prossimo come te stesso” o, ancora, “E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco vada in paradiso”.
Non sono concetti difficili: li hanno sempre compresi perfino gli analfabeti. E li hanno addirittura “adottati” molti non credenti, condividendo con la Chiesa un nucleo di princìpi etici e solidaristici che, se attuati, potrebbero attenuare  le gravi ingiustizie e gli enormi squilibri economici e sociali presenti in molti paesi del mondo. Cosa che, detto tra parentesi, eviterebbe le migrazioni di milioni di “poveri cristi” attratti dal miraggio di un benessere impensabile in patria.
E allora come fa la nostra premier di a definirsi “cristiana” quando in ogni sua decisione ignora lo spirito di quel messaggio? Quale apporto migliorativo promette il rafforzamento degli accordi con paesi poco democratici (come la Libia), a cui si chiede di impedire le partenze di persone perseguitate in patria o desiderose di vivere una vita migliore con la propria famiglia? E, su un altro versante, come si conciliano con la dottrina cristiana le preannunciate misure economiche e tributarie, che ignorano qualsiasi principio di equità e mettono a rischio quella parte di budget statale che dovrebbe essere destinata alle fasce più deboli della popolazione? Mi riferisco, per esempio, alla flat tax che favorisce imprese e cittadini ad alto e medio reddito, ma anche alla prospettiva di condoni per chi non ha pagato le tasse e, sul fronte opposto, al taglio di alcune forme di sostegno economico  a chi è disoccupato e non trova lavoro o che si trova in momentanea difficoltà.
Un simile programma, tra l’altro, risulta anche in contrasto  con l’articolo 53 della nostra Costituzione, che esorta a promuovere una politica ridistributiva affermando: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita’ contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Tradotto in parole semplici: chi ha di più deve pagare più tasse. Solo così infatti si puo’ cercare concretamente di rimuovere gli ostacoli all’eguaglianza sostanziale.

Qualcuno, e non a torto, obietterà che quasi nessuno di chi ha preceduto la attuale presidente del Consiglio ha fatto (o cercato di fare) molto meglio di lei. Verissimo. Ma quasi nessuno di chi l’ha preceduta ha sbandierato il proprio credo religioso in funzione elettorale. La Meloni sì. Eppure non si vedono tracce di spirito cristiano nel programma di governo fin qui attuato o preannunciato. Dobbiamo allora pensare che la religione per lei non sia altro che un instrumentum regni, uno strumento del potere, come lo era per i regnanti dei secoli passati? Al momento si direbbe proprio di sì e non credo che in futuro cambierà orientamento. Non lo vorrà, e non potrebbe farlo neanche volendo, vista la scombinata squadra di ministri che ha messo in piedi.

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